La storia dell’isola d’Ischia dalle origini al Quattrocento
La denominazione più antica di Ischia fu Arime, chiamata cosi da Omero. I poeti romani di epoca augustea le imposero il nome di Inarime, mentre altri la chiamarono Aenaria. Il nome odierno sembra invece derivare dall’evoluzione del latino Insula.
I mutamenti naturali cui Ischia andò soggetta nel corso dei secoli, furono a loro volta, più numerosi dei cambiamenti del nome.
La storia di quella che si è resa celebre con come l’ “isola verde“, risulta infatti costantemente scandita da terremoti ed eruzioni. Ischia costituisce la parte emersa di un campo vulcanico formato dal Monte Epomeo (788m), che occupa ancora oggi gran parte del suo territorio, e da numerosi centri eruttivi, non sempre riconoscibili in quanto distrutti o ricoperti da successive eruzioni. Recenti studi geologici consentono di tracciare con precisione una mappa cronologica dell’attività vulcanica isolana, che iniziata oltre 130.000 anni fa, si protrasse, in un alternarsi di fasi di quiescenza e periodi di grandi turbolenza, fino a tempi storici, con profonde ripercussioni sulla morfologia e sulla vita dell’isola.
L’esame di numerosi reperti conferma la presenza dell’uomo nell’area del comune di Lacco Ameno fin dall’Età del Bronzo. Frammenti di ceramica di età micenea, databili a un periodo compreso tra il XV ed il XIV secolo a.C., sono stati ritrovati invece nella fascia costiera tra Ischia Porto e Casamicciola, e precisamente sulla Collina di Castiglione.
Nella prima metà del VIII secolo a.C. coloni euboici, calcidesi ed eretriesi si insediarono in una zona posta a nord.ovest del Monte Vico. Alla base del promontorio, due rade di approdo rendevano agevoli le attività marinare e commerciali della nuova colonia, cui fu imposto il nome di Pithecusa (esteso poi a tutta l’isola e derivato forse da pythos ,orciolo di creta, per la fiorente produzione locale di manufatti di argilla, o, secondo altre interpretazioni, da pithekos, scimmia, in ricordo dei suoi mitici abitatori, i Cercopi trasformati in scimmie da Eracle.
In seguito ad una violenta eruzione verificatesi alla fine del VI secolo a.C., i Calcidesi e gli Eritriesi abbandonarono la zona.
Nel 474 a.C. l’isolotto posto di fronte alla costa all’altezza dell’attuale Ischia Ponte fu occupato da Gerone di Siracusa, che vi fece erigere una fortificazione militare conosciuta in età medioevale come Castel Gerone.
Qualche anno più tardi, una nuova eruzione costrinse gli abitanti del presidio ad abbandonare l’isola, che in seguito fu occupata dai Romani, attratti dalle acque termali e dall’aria salubre, ma costantemente assillati da fenomeni vulcanici e sismici.
I primi secoli dell’era cristiana non furono contraddistinti da eventi particolari, se si escludono, nel IX secolo, le incursioni dei Saraceni, che devastarono le zone abitate e depredarono più volte gli isolani.
Successivamente, alcune aree furono scelte come sede di insediamenti rurali e religiosi: intorno al Mille, ad esempio, ad est, verso il Promontorio di San Pietro, sui resti di un antico abitato, sorse un convento di monaci basiliani. Altri nuclei, questa volta agostiniani, risalgono invece al XII secolo.
La terribile eruzione del 1301 segnò il temporaneo abbandono dell’isola: i suoi abitanti dopo aver trovato rifugio a Baia e a Capri, poterono farvi ritorno solo quattro anni più tardi, eleggendo a dimora l’isolotto del Castello.
Dall’epoca angioina fino a tutto il Cinquecento, la zona fu densamente popolata, sopratutto per le garanzie di sicurezza che la posizione geografica offriva.
La vita degli Ischitani sarebbe stata comunque destinata per secoli a risentire degli andamenti tumultuosi della storia del Regno Napoletano, e per questo si rivelò particolarmente difficoltosa nel turbolento periodo delle lotte angioine-durazzesche.
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